Il 15 novembre 2020 siamo state ospitate da Soundmit, un incontro annuale che si svolge a Torino dedicato a nuove tecnologie per l’audio e strumenti elettronici. Qui potete trovare la nostra presentazione, in tandem con quella di Johann Merrich che parla delle sue Brevi Storie per musicaelettronica.it.
Grazie a Gregorio Moppi che ci ha sostenute con questo bellissimo articolo e ci ha aiutate a creare maggiore consapevolezza sul problema della discriminazione nei circuiti concertistici italiani e internazionali.
La seguente lettera è stata inviata al quotidiano La Stampa a seguito dell’articolo di Sandro Cappelletto pubblicato il 1° luglio 2019:
Gentile Direttore, siamo due musicologhe che si stanno occupando di diseguaglianza di genere ed etnica nelle stagioni concertistiche italiane (dati disponibili sul sito www.curatingdiversity.org). Abbiamo letto l’articolo di Sandro Cappelletto “Le concertiste sexy mettono la minigonna e la musica classica scala le classifiche”, pubblicato il 1° luglio, in cui l’autore descrive le mise scelte da sette musiciste di fama internazionale.
Sarebbe un superficiale articolo di costume da archiviare e dimenticare, se non fosse che Cappelletto commenta spacchi a tutta coscia, trucco più che accennato, corpetti che fanno risaltare il seno (sue espressioni) con un fare a metà tra un ammiccante commento goliardico e uno sguardo lubrico. Cappelletto offre così un esempio perfetto di “sguardo maschile” come teorizzato dalla critica cinematografica Laura Mulvey: donne guardate come oggetti sessuali per il piacere di un ipotetico maschio eterosessuale. E così la performer non è libera di scegliere come più si sente a suo agio per calcare la scena. No. Le sue scelte servono ad attrarre spettatori “dai sensi un po’ assopiti,” che vengono recepiti e descritti in modo porno-soft: “in quell’impermeabile azzurro bagnato come i suoi lunghi capelli neri, lungo i docks di qualche piovosa città del nord Europa mentre sullo sfondo sfuocato, distingui il suo pianoforte a gran coda”.
Certo, l’articolo di Cappelletto solleva problemi che sono reali e che ci stanno a cuore: la minoranza femminile nelle orchestre o il fatto che tradizionalmente le mise da concerto delle donne le lasciano più scoperte degli uomini. Questo aspetto dell’industria della moda, che non va demonizzato, va però giustamente affrontato. Quello che però non si può accettare è che un uomo critichi aspramente professioniste – che quando creano una immagine pubblica hanno a che fare con costumisti, agenti e contatti con case discografiche, ecc. – e non il sistema che sistematicamente chiede alle donne di spogliarsi e di essere sempre belle, fresche, attraenti, sexy (ma come ci ricorda Cappelletto, non troppo sexy!). Visto che l’articolo è decritto come “inchiesta”, perché non fare una reale inchiesta giornalistica su come le musiciste sono trattate diversamente dai loro colleghi maschi per quanto riguarda l’immagine? Forse non lo si fa perché in quel caso l’articolo diventerebbe davvero femminista, criticando il sistema invece che le donne.
Le conclusioni (se così si possono chiamare, vista la struttura sconclusionata delle argomentazioni) richiamano le donne all’ordine. Più camicie accollate e reggiseni (ma davvero?) per andare a fare le “lotte vere”. Beh, secondo noi tra le lotte vere c’è anche la necessità di non permettere più a uomini come Cappelletto di pubblicare articoli del genere senza contraddittorio.
Yes, right. We could not participate in the strike. But we hope this can be considered a meaningful contribution.
There, we met with like-minded people and we are so happy we were able to listen to the action and the data collection of other countries. In particular, we were struck by the data shared by the Gender Relations in New Music Collective.
A line that really made us think was in the tweets surrounding the conference. Liz Dobson in a very thoughtful tweet states her next goal: “step up from volunteer labour to sustainable growth”. Indeed, talking with several attendees, it seemed that a majority of the colleagues present were not funded for the specific projects they were presenting on. Engaged musicology must still be a labour of love? Will it be possible for us move to sustainable growth in the medium term? Lots to think about, as usual, after a good conference…
A conference report by Abigail Bruce (Kingston University), Ann Grindley (Open University), and Chamari Wedamulla (Kingston University) has been published on the page of the Royal Musical Association.
Some of the chart presented. Data showed updated to March 8, 2019.
Già, purtroppo non abbiamo potuto partecipare allo sciopero generale transfemminista del”8 marzo.
Lì abbiamo incontrato persone che condividevano le nostre idee e abbiamo ascoltato le iniziative e i dati raccolti presso altri paesi. In particolare, siamo rimasti colpiti dai dati condivisi dal progetto Gender Relations in New Music Collective.
Una cosa che ci ha fatto davvero pensare sono stati i tweet attorno alla conferenza. Liz Dobson, in un tweet molto riflessivo, afferma il suo prossimo obiettivo: “passare dal lavoro volontario alla crescita sostenibile”. In effetti, parlando con diversi partecipanti, sembrava che la maggioranza dei colleghi presenti non fosse finanziata per i progetti che stava presentando. La musicologia impegnata deve ancora essere un lavoro di sola passione? Sarà possibile anche per noi passare a una crescita sostenibile a medio termine? C’è molto da pensare, come al solito, dopo una conferenza ricca di stimoli…
Un report della conferenza, a cura di Abigail Bruce (Kingston University), Ann Grindley (Open University) e Chamari Wedamulla (Kingston University), è stato pubblicato sulla pagina della Royal Musical Association.